Il segreto svelato e il tempo tiranno
Era il 20 agosto. Dopo un tuffo giù nel blu mattutino, alla fine dei pochi giorni di ferie a disposizione, il bagnino mi svelava la presenza di un relitto non lontano dalla nostra spiaggia. Oramai era tardi per andare subito, ma d’altronde era tardi anche per procrastinare a domani.
L’indomani, la vacanza sarebbe finita e quindi non ci sarebbe stata più una opportunità. Non ci sarebbe esistita più una opportunità anche perché poche volte o quasi mai si ritorna negli stessi posti già visitati.
La risposta al non domani sarebbe stata l’ora di pranzo, il pomeriggio o l’alba del giorno dopo. Ogni ora del giorno ha i suoi pro e i suoi contro. Il mare è diverso, riserva colori e emozioni molto profonde a seconda delle correnti, dell’elevazione del sole e delle maree. Alle emozioni suscitate del mare si aggiungono quelle personali dei vissuti.
Le emozioni
La mattina, con la sua luce azzurra, penetra nelle profondità e quando le maree e correnti sono più innocue dando, in alcuni luoghi, sensazioni di pace e rilassatezza. La tarda mattinata porta brezza, che a seconda della configurazione del fondale, molto movimento e in qualche caso marosi. Ma la luce, quella è la stessa. Si può ancora vedere senza sforzi la meta, seppure profondamente lontana dalla superficie. Poi arriva il pomeriggio, quello dopo le 16.00. Ad agosto, dopo le sedici, il sole inizia a perdere in elevazione e il più lungo percorso dei raggi attraverso l’atmosfera provoca colori più aranciati o rossi in superficie e blu intensi e cupi sui fondali. I colori blu intensi nascondono la realtà. Destabilizza l’ignoto del blu e l’assenza di riferimenti. Poi non vedo; la miopia mi disturba, mi affligge, non mi fa sentire libero ed accresce le mie paure facendomi perdere fiducia in me stesso. Inizia il fiume in piena di pensieri un secondo dopo la notizia del relitto.
Voglio andare sul relitto; ci posso riuscire; sono tanti anni che non scendo profondo. Quest’estate, davanti a noi, è morto un francese; che cosa accade se muoio. A mia moglie chi la cura; e mia mamma e mio padre. I miei fratelli rimarranno soli. I miei suoceri aiuteranno mia moglie. Non è possibile, non voglio morire, forse è meglio che non vado.
Però poi li sotto, c’è la mia forza, la mia vittoria, ma anche la mia sconfitta se non lo trovo, ma almeno non c’è imbarazzo del non coraggio. Andando, quello l’abbiamo dimostrato. Gli uomini sono uomini. Però poi di pomeriggio non c’è luce. Come faccio. Non vedo o vedo poco. Mi sento smarrito. Ho paura di farmi del male. Di non tornare più a casa. Però, forse cosi, torno a casa da eroe. Quanti metri sono; pochi, forse molti. Spero che lo trovi subito. Non voglio perdere tempo. Poi mia moglie è sola e non è il caso di farla preoccupare.
Mi sembra di andare via di abbandonare tutto per concedersi un momento di vita profonda in preda alle paure ancestrali. L’uomo e la natura.
E il relitto? Il relitto, posto di morte e tenebra. Lo trovo su youtube. Una musica spettrale accompagna la discesa del sub. Il video, ricco di “foschia”, torbidità, incute anche ansia.
E quindi? Posso andare? Lo posso toccare? Meglio che non lo tocco. Non so se esistono sortilegi speciali se si tocca un relitto. E se a chi tocca un relitto la vita gli va a picco?
Speriamo che ci sia qualcuno altro in zona per sentirsi più protetto. Chissà mia moglie, quando sarò in acqua, se si preoccuperà. Non voglio che mi aspetti. L’attesa può essere anche lunga. L’idea che qualcuno mi attende preoccupato mi deconcentra. Vorrei che lei sia tranquilla. Poi ci sono le meduse, essendo senza muta a mezz’acqua potrebbero ferirmi. Preso dalla paura di una crisi allergica e dallo shock, penso che non ci andrò. Passa il pranzo con questi pensieri che continuano.
Dopo questi, mi accomodo sul divano in terrazza . Guardo il mare, il video, mia moglie che riposa…e penso: vabbè, non vado.
Il trionfo
Alle 15.50 la battaglia interna peggiora. Sto li, mi metto il costume. Prendo le pinne, la maschera. La go-pro è carica. Occorrerà per immortalare la Vittoria. Sono in agitazione. Scendiamo con l’ascensore. Arriviamo alla scogliera. Dico a mia moglie che vado. Lei mi ricorda che non volevo andarci più. Ci avviciniamo al muretto. Lei dice, spogliati e dammi tutto. Ciabatte, canottiera, tutto. Rimangono: io le pinne, la maschera e la go-pro. In effetti rimaniamo: io, le mie paure ed il mare blu profondo del pomeriggio.
Do un bacio a mia moglie. Mi avvio. Saltello sugli scogli per arrivare alla mira. Dopo un centinaio di metri raggiungo un palo dell’illuminazione. Ci siamo, sono felicissimo e preoccupato. Penso a chi mi possa aiutare in caso di problemi. Un vecchio mi guarda, curando con lo sguardo ogni passo nell’approccio con l’acqua. È fresca. Spero aver digerito. Metto le pinne. L’acqua sembra limpida forse mi sento più sicuro. Mi giro verso terra, la pinna si blocca in una fessura degli scogli. Iniziamo bene; mi libero.
Pinneggio per molto tempo; arrivo sulla mira. Inizio a girare alla ricerca del relitto…passo su una zona profondamente blu.
Dove è? Il tempo passa. Ho timore di non riuscire. Vado dal lato opposto. Che disfatta non c’è….esco verso fuori. Sta troppo fuori…è profondo. Sembra di volare; la vertigine data dalla profondità e dal blu. Ho paura di guardare sotto…respiro per ritornare sui miei obiettivi. La paura del vuoto passa. Finalmente vedo la prua. È stupendo. Le paure rimangono.
Inizio i tuffi…faccio tante foto. Le apnee sempre più lunghe.
Il silenzio fa rimbombare i pensieri più forti nella cassa toracica. Dopo alcuni tuffi esausto della lotta interiore, torno a tutta velocità a terra, verso mia moglie.
Mi sento vivo e profondo come il mare.
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