Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie.
Ecco come Giuseppe Ungaretti, nel 1918 aveva vissuto interiormente il Suo periodo in Trincea.
In questi giorni, a cent’anni di distanza, viviamo, come soldati, seppure consapevoli di una possibilità di sopravvivenza, la paura di essere colpiti da un’arma invisibile, un Virus.
Creatura aliena, scherzo della natura, il Virus è un’arma silente.
Siamo in guerra; una guerra non dichiarata, non voluta, non annunciata.
Il paesaggio esterno, seppure primaverile, muta nei nostri animi in un profondo autunno, come quello che vive il poeta.
Non è detto che cadremo come le foglie d’autunno, ma il senso di irrequietudine e rassegnazione spesso ci sovrasta e non basta la migliore collezione di spiriti per risollevarsi con qualche pensiero positivo. Non siamo ancora arrivati alla fine; questo pensiero deve vincere le nostre emozioni negative, del resto siamo in primavera ed i peschi in fiore ci ricordano che a giorni mangeremo i frutti della rinascita della terra.
L’esperienza di questi giorni che ci serva da lezione…
Non abbiamo vissuto nulla rispetto alle brutture di una guerra mondiale e già siamo irrequieti, rassegnati, soli, trafitti. Ma chi siamo per essere quello che siamo; perché abbiamo perso le forze che i nostri avi hanno avuto per combattere i loro lunghi periodi di rassegnazione? perché siamo più deboli delle foglie d’autunno?perché ci sentiamo così distaccati dall’albero della vita?
Sicuramente non sarà questo soffio di vento a staccarci dal nostro ramo.
Crediamo di più nella vita e nelle sorprese (belle e brutte) che Lei ci presenta.
Il punto che segue le foglie è ancora lontano, la fluidità dei versi questo ci dice; la vita è fluida e la fine non è assolutamente vicina.
Preghiamo per i morti di questa guerra e che la linfa della nostra terra ci giunga forte al cuore spingendo via lo spettro della paura